Ti adagiavi
sul monte di Venere,
ma non ero io.
Spingendo indietro
i miei percorsi
che duravano
sette dei miei tormenti.
Un volto gonfio dal pianto,
il flusso sanguigno
come particelle di vetro
infiammavano le mie viscere.
Nella pausa
dei nostri tramonti
si annunciava sempre una fine,
silente orgoglio sterile
di un carnefice.
Fuori dalla porta
del tuo cuore
esprimevi tacitamente
il tuo dissimulare: la cosa peggiore
del tuo volubile amore.
© Adriana Mirando (immagine presa dal web)